Il Bollettino nella storia - La prima guerra mondiale n. 3

14 maggio 2020

Il Bollettino nella storia - La prima guerra mondiale n. 3

Col Bollettino in viaggio nel tempo
LA I GUERRA MONDIALE n. 3
Continuiamo la lettura guidata delle pagine del Bollettino, che si dedicarono alla prima guerra
mondiale (1914-1918). Nel primo articolo ci siamo occupati della sezione Preghiere per pace. Nel
secondo abbiamo iniziato l'analisi di un'altra sezione: Lettere dal fronte. Continuiamo con questa.
2) Lettere dal fronte
- «Dalle alte vette del Trentino, ringrazio sentitamente dell'invio del Bollettino della
Madonna di Re, che mensilmente mi manda le care notizie della nostra bella Valle... La
Vergine del Sangue - giorno e notte da noi Vigezzini combattenti invocata - vegli su di noi, e
ci dia forza e coraggio di compiere da forti il nostro dovere onde ritornare a suo tempo sani e
salvi in braccio alle nostre famiglie... Nel medesimo tempo si unisce a me il mio compagno
(...) di Malesco nell'inviare alle nostre care famiglie, parenti e conoscenti i nostri più fervidi
saluti, assicurando tutti del nostro ottimo stato di salute1». Come evidenziato nell'articolo
precedente, emerge, come una costante, il riferimento alla Vergine del Sangue. In una realtà
così atroce e debilitante come la guerra di trincea, il soprannaturale diventa la miglior
sorgente a cui attingere risorse morali e spirituali per affrontare le impervietà del conflitto.
- «Dalle rocciose e impervie cime carniche dove da un anno si lotta per la grandezza
d'Italia, noi inviamo per mezzo del bollettino di Re cocenti saluti alle nostre care famiglie,
amici e conoscenti, assicurandoli del nostro buon stato di salute2». Di queste poche righe
vogliamo sottolineare l'affetto che lega i soldati alle loro famiglie. La lontanza dal nucleo
familiare fa prendere coscienza di quanto quelle persone siano care al soldato e necessarie
per la sua serenità.
- «Dalle eccelse vette tridentine ove ci troviamo da diciassette mesi, noi bersaglieri (…)
a mezzo del Bollettino della Madonna di Re, inviamo i nostri più affettuosi saluti alle nostre
famiglie, assicurandoli, che coll'aiuto della Vergine del Sangue, ci troviamo in eccellenti
condizioni di salute3». Qui sottolineiamo anche un altro aspetto. I soldati avvertono di essere
molto cari ai familiari. Questi, a distanza di migliaia di chilometri, sono in trepidazione per
la sorte dei loro congiunti, esposti ad ogni sorta di pericolo. Si tratta di uno dei tanti disagi
arrecati dal conflitto bellico.
1I l Santuario di Re. Periodico mensile, n. 92, 1º novembre 1916, p 104.
2 Il Santuario di Re. Periodico mensile, n. 92, 1º novembre 1916, p 104.
3 Il Santuario di Re. Periodico mensile, n. 92, 1º novembre 1916, p 104.
- «Tra le montagne di Albania ci giunge regolarmente il caro giornaletto portante le notizie
della Valle e la protezione della Vergine di Re. Vivi ringraziamenti alle persone che
gentilmente ci procurano questo piacere. Inviamo a mezzo del Bollettino tanti saluti ed
auguri, assicurando di nostra buona salute, alle nostre care famiglie, parenti ed amici». Il
Bollettino, nato da pochi anni, è lo strumento per tenere i contatti tra i soldati e i loro
familiari. Questo fatto è segno dell'affidabilità dell'opuscolo e della fiducia che i soldati ed i
loro familiari riponevano in esso.
- «Zona di guerra 14-5-1917
Preg. signor Maestro: Dopo tanto tempo che non le scrivo, mi pare che sarebbe l'ora di
scriverle due righe. È vero che sono stato troppo tempo senza farmi vivo, ma non creda che
mi sono dimenticato di lei. No, questo non lo farò mai. Quando mi trovo solo, mi sollevo lo
spirito con qualche dolce rimembranza, e il ricordo di qualche persona cara, di qualche bel
giorno di mia vita passata, mi fa scordare per poco i tristi giorni in cui viviamo, le tristi
conseguenze di questa guerra. Quando montavo di sentinella, (ora non monto più) e
specialmente di notte che tutto taceva, era il tempo più propizio per le mie immaginazioni.
Passai le feste del Santo Natale in trincea, e proprio alla mezzanotte, l'ora in cui si celebra la
più bella cerimonia, toccò il mio turno di servizio. Si faceva un'ora di sentinella e due di
riposo; a mezzanotte mi svegliarono, presi le giberne, il fucile e l'elmetto ed uscii. Ad una
decina di metri davanti alla trincea, ascoltai attentamente la consegna che mi mormorava il
capo del piccolo posto, innastai la baionetta e mi appoggiai al fucile. Era una notte calma,
serena, ma senza luna ed un po' fredda e dopo aver dato un'occhiata in giro per assicurarmi
da qualche insidia, mi misi a fantasticare come al solito. Pensavo che poco tempo prima, le
campane del mio paese avevano chiamato con dolce melodia i fedeli alla messa; pensavo
che in quel momento, forse la mia buona mamma stava in chiesa a pregare per me. Riandai
col pensiero alla mia vita passata. Quando la mamma mi conduceva per mano alla messa e
mi metteva nel banco, accanto a lei. A poco a poco, il pensiero mi assorbì tanto tanto, che mi
pareva proprio realtà. Mi pareva proprio di essere in Chiesa, sentivo la voce argentina delle
donne che cantavano la messa. Udivo il mio buon parroco che intonava il Gloria, indi la
mamma che mi sussurava all'orecchio queste parole: Vedi il S. Bambino ch'è nato? Pregalo
che ti conservi buono, che ti faccia grande e che ti salvi da tutti i pericoli. Mi parve di
giungere le mani e di ripetere una preghiera che mi mormorava all'orecchio: O Gesù. Signor
mio... Una scarica di mitragliatrice che si scambiarono tra i miei compagni ed i nemici mi
tolse bruscamente dal mio sogno e mi accorsi della realtà. Non mi trovavo in chiesa, ma
sopra una montagna in mezzo a tanta neve, ed a poca distanza da un nemico che faceva di
tutto per perdermi. Le mani erano bensì giunte, ma stringevano il fucile. Mi scossi, gettai il
fucile in spalla e mi misi a passeggiare. Ora pensavo: Avrò ancora la fortuna di tornare al
mio lontano paese, di rivedere le mie persone care, di riabbracciare la mia povera mamma
che forse in questo momento piange per me? In quel momento alzai una preghiera a Dio con
un fervore non mai usato da me; lo pregai che mi facesse questa grazia che gli sarei
eternamente grato. Ed io lo spero, perché fino adesso ho sempre avuto il suo santo aiuto in
tutti i pericoli. Spero che anche per l'avvenire, non sarò dimenticato dalla nostra cara
Madonna di Re della quale mi ricordo quotidianamente, e ne porto sempre una medaglia al
collo. Ora le faccio sapere che ho cambiato fronte in questi giorni scorsi e qui mi trovo
meglio. Qui non ci arrivano le fucilate perché sono distante dal nemico benché mi trovi in
prima linea. Ora non faccio neanche più la vedetta perché faccio parte di un plotone di
esploratori. Tra la nostra linea e quella nemica c'è una vallata coperta da immense foreste, ed
il nostro compito è di scorazzare in tutti i sensi tutto questo bosco in cerca del nemico che fa
altrettanto. Sono come delle partite di caccia, ma che orribile caccia che ci tocca fare!
Speriamo che finisca presto questa guerra e che ci possiamo ancora ritrovare a passeggiare
sulla terrazza della scuola, raccontandoci a vicenda le nostre avventure. Io ho un gran
desiderio di raccontarle quello che non posso scriverle. Per ora, le domando scusa se l'avrò
annoiato troppo, e per finire, la prego di salutare a nome mio il Sig. Parroco ed il suo sig.
collega. Lei pure gradisca i più cordiali saluti4». Questa lunga lettera è significativa della
consapevoleza che abita il cuore dei soldati. La guerra, anzitutto, viene definita orribile
caccia che ci tocca fare. Già la parola caccia suscita una sinistra evocazione: s'insegue un
qualcosa che non vuole essere preso. A ciò si aggiunge l'aggettivo orribile. Lo scopo di
questa caccia è l'eliminazione dell'altro. Per esprimere tutto il suo disagio il soldato
aggiunge l'espressione: che ci tocca fare. I ragazzi non capiscono le motivazioni di chi li ha
inviati al fronte. Sono tenuti a compiere azioni di estrema ferocia. Questo comportamento
non ha giustificazioni nel loro cuore. Non c' è un motivo serio per uccidere l'altro. La guerra
per loro è un'atrocità a cui sono costretti. La descrizione della scena di guerra, con tutti i
disagi ed imprevisti connessi, stride con i ricordi che affollano la mente e scaldano il cuore
del milite. Il ricordo della festa del Natale per lui è l'auspicio che presto termini l'orrore del
conflitto e si possa tornare alle sane e buone abitudini. Queste, non potendo essere praticate,
emergono in tutto il loro valore, suscitando una profonda nostalgia.
- «Mi sono trovato in condizioni assai critiche da vedermi innanzi la morte. Pieno di fede in
Maria S.S. del Sangue mi raccomandai ad Essa implorando il suo aiuto e l'ottenni. Finché
avrò vita non mancherò di ringraziare Maria Santissima e di proclamare la grazia un vero
miracolo, che ho ricevuto. Renda pure pubblica questa grazia e possa ciò fare aumentare
4 Il Santuario di Re. Periodico mensile, n. 100, 1º luglio 1917, p 110.
vieppiù la fede nei credenti e ad infonderne in chi non ne ha5». La guerra presenta tutto il
suo lato oscuro al netto della propaganda a suo favore. Davanti a tanto orrore ed incertezza
per la propria sorte nasce spontaneo l'affidamento alla Madonna del Sangue di Re.
- «Zona di guerra, 20 ottobre 1918.
Egregio Sig. Parroco, io ho fatto una promessa alla Madonna di Re perchè ho ricevuto tante
grazie in mezzo a molti pericoli. Come soldato vorrei fare qualche voto che mi ricordi
soldato6». Lo scampato pericolo è attribuito all'intercessione della Vergine del Sangue.
5 Il Santuario di Re. Periodico mensile, n. 103, 1º ottobre 1917, p 142.
6Il Santuario di Re. Periodico mensile, n. 117, 1º dicembre 1917, p 65.

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