Padre Franzi: la Pentecoste
Negli articoli precedenti abbiamo inaugurato una nuova rubrica. Il titolo è Alla scuola dei maestri. Leggiamo insieme gli scritti di persone che sono stati un riferimento. L'ultimo brano analizzato era brano preso dal libro Dallo scrigno del cuore di Maria. L'autore è padre Francesco Maria Franzi oblato e vescovo ausiliare della diocesi di Novara (1910-1996). Il titolo dell'articolo è Il cuore di Maria nella Risurrezione di Gesù. Il capitolo che proponiamo ora, in conformità con i giorni che viviamo, è Il cuore di Maria nella Pentecoste, da pag. 89 a pag. 94 del suddetto libro.
IL CUORE DI MARIA NELLA PENTECOSTE
Attorno a Maria, come nota con forte risalto San Luca (Atti 1,14), era radunata la prima Chiesa di Gerusalemme, gli Apostoli, i discepoli; in tutto 120 persone. Perseverando, come un cuor solo, nella preghiera, attendevano che si compisse la promessa di Gesù: « finché riceviate la Forza dell'Alto » (Atti 1,8).
I sentimenti del Cuore di Maria nell'attesa
Erano, per Lei, i giorni della speranza. Anzi, tutta la speranza della Chiesa, in quel suo nucleo germinale, si ancorava nel. Cuore di Maria. Ai piedi della croce, affermano talvolta i Padri, tutta la fede della Chiesa si era come raccolta, con una misteriosa densità, — penso alla energia condensata in un atomo, — nel Cuore di Maria. « Mentre tutti dubitavano, dicono i Padri, — Maria non dubitava ». Nel. Cenacolo, nel suo Cuore si ancora la speranza di tutta la Chiesa; e resterà ancorata nel suo Cuore lungo tutta la storia della Chiesa, che sarà sempre un « Cenacolo » nella attesa della piena manifestazione dello Spirito. Che cos'era la speranza di Maria?
Era una certezza, anzitutto; la certezza della promessa del Figlio: « Io vi manderò il Consolatore; Egli sarà per sempre con voi... » (Giov. 14,16). Tale certezza la faceva vivere in quel mondo di Dio, che, invisibile ai nostri sensi, pervade la storia umana, la eleva, le dà il significato voluto da Dio e le imprime l'orientamento verso le mete ad essa assegnate da Dio. E questo il « vivere nella fede », secondo la parola di San Paolo: « La vita che ora vivo la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (cfr. Gal. 2,20).
Quale gioia reca, una tal fede, nella vita! Ma questa certezza cozzava con le apparenze delle cose; con il quotidiano svolgersi della vita, che, nella sua opacità, nelle sue miserie, pareva contraddire la luce della fede. Quel piccolo nucleo di gente umile, insignificante, sgomenta per quello che aveva visto, — come dimenticare la tragedia della Passione? come non sentire l'amarezza della dipartita del Signore? — sconcertata per l'avvenire; senza progetti, senza risorse, senza programmazione..., pareva costituire uno schermo impenetrabile opposto alla luce della fede. E' appunto in tale situazione che si disvela il significato della speranza. Di fronte alle « impossibilità » viste dall'uomo; di fronte alle « contradditorietà » giudicate dalla sapienza umana; di fronte al « nulla » che si scorge delle promesse di Dio, la speranza conserva tutta la sua certezza. Essa varca i tempi della contraddizione ai piani di Dio e si attesta, come una arcata di ponte che scavalca i secoli, nella « storia di Dio »; in quella storia che è il suo amore che non si smentisce, ma da generazione a generazione, costruisce la sua misericordia, secondo la promessa fatta ad Abramo a alla sua discendenza nei secoli?
La speranza diventa allora ii sereno e forte accettare di vivere al buio; di restar fedeli al Signore in qualsiasi situazione, anche la più contradditoria; di abbandonarsi ai suoi voleri, imprevedibili nei tempi e nelle vie che percorreranno, ma sempre vittoriosi.
Nell'anima, una tale speranza educa la fortezza; quel « credere nella speranza, contro la speranza » (Rom. 4, 18), che rende l'uomo docile strumento per l'attuazione dei divini voleri.
Di tali sentimenti' era colmo il Cuore di Maria nel Cenacolo; e, come una fonte traboccante, li riversava attorno a sè, li comunicava a quella piccola « Chiesa ». Li comunicava, non con discorsi; non con lezioni; — non è la sua missione nella Chiesa quella del magistero; Ella è
« Madre » --. Li comunicava con lo sguardo, con un cenno di incoraggiamento, con il suo esempio, con la fisionomia di Gesù che Ella presentava nel suo volto di madre; con la sua preghiera, soprattutto; con il suo amore.
Tale resta il compito di Maria nella Chiesa anche oggi. Noi abbiamo 'bisogno di questa speranza; ne abbiamo bisogno in una misura singolare, esposti come siamo alle derisioni di tutte le ideologie che ripetono, a noi la beffa rivolta un tempo al «popolo di Dio»: « Dov'è il vostro Dio? ».
Da Maria impariamo a rispondere alla sfida con la serena fortezza della speranza.
Ed è presso di Lei, nella filiale devozione a Lei, che alimentiamo la speranza. Se ci mancasse la devozione a Maria, saremmo privi di una fonte di speranza; una fonte voluta da Dio e aperta da Lui per la nostra sete. Perchè rifiutarla? Chi ci autorizza a farne a meno? « Vita, dolcezza, speranza nostra »!
Ma noi pensiamo alla misteriosa unione che intimamente stringeva Maria al Figlio suo; — asceso al Cielo, ma sempre « Figlio suo »; a Lei congiunto con quel mirabile vincolo che Lo fa « vita nostra »; e tale vincolo con nessuno è così stretto e profondo come con la Madre sua! —.
Pensiamo alla sua misteriosa unione con lo Spirito Santo, che L'aveva « adombrata » e resa il suo tempo per realizzarvi le meraviglie del suo amore salvifico.
Posta tale mirabile unione, ci sembra così diversa la condizione della sua speranza dalla nostra, come sono diversi i sentimenti del pellegrino che vede, a confronto del pellegrino che è cieco.
SI; misterioso, ineffabile il rapporto di Maria con Cristo, con lo Spirito Santo; ma anch'Ella, qui sulla terra, è « il pellegrino cieco ». E' unita mirabilmente a Dio; ma anche per Lei Dio è l'Invisibile. Anche per Lei, come per noi, il collegamento con Dio si fa per mezzo della fede. La sua fede anzi è tanto più grande, quanto più mirabile, profonda, piena di mistero è la sua unione con Dio.
Il Cuore di Maria sempre ci richiama alla fede. Ce ne occorre un oceano di fede! A Lei dobbiamo chiedere, anzitutto e sempre, la fede.
I sentimenti del Cuore di Maria nella Pentecoste
Anche su di Lei scese la Fiamma dello Spirito Santo nella Pentecoste. Che cosa vi operò? Penso ad una fiamma in un deposito di benzina. Che vampa! L'esperienza mistica della Pentecoste fu una esperienza apostolica. Il tempo della Chiesa, nel quale viviamo, non è ancora l'eternità della contemplazione; è il tempo dell'apostolato. Di fatto, attualmente ogni esperienza mistica autentica accende una inestinguibile fiamma di apostolato. Si pensi a San Francesco d'Assisi; a Santa Teresa di Lisieux...
Dall'esperienza pentecostale, infatti, gli Apostoli furono sospinti irresistibilmente all'apostolato. « Noi non possiamo non parlare di ciò che abbiamo visto e udito » (Atti 4,20). Da tale esperienza, e dalla interiore forza dello Spirito, la loro opera acquista efficacia prodigiosa. Lo attestano le migliaia di convertiti alla predicazione degli Apostoli, che vennero ad aggiungersi alla Chiesa. Ritengo che sia questa una buona pista per penetrare nel Cuore di Maria avvolto dalle fiamme della Pentecoste. Anche per Lei quella fu una esperienza apostolica. Anche il suo Cuore, come quello degli Apostoli, anzi in una misura incalcolabilmente più grande, provò la vampa dell'apostolato. Non si legge, però, che sia uscita sulle piazze, negli atrii del tempio, ad annunciare la Risurrezione di Gesù. Non si legge che si sia incamminata sulle vie dell'evangelizzazione o si sia unita agli Apostoli « pellegrini del Vangelo ».
E tuttavia Ella è « regina degli Apostoli »; e non a titolo onorifico, ma con una regalità effettiva, operante che è il supremo servizio agli Apostoli, tanto che, al termine dei 'primi secoli della evangelizzazione, al Concilio di Efeso, San Cirillo potè affermare: « Da Te tutti i popoli sono stati conquistati a: Cristo ».
L'apostolato non consiste solo nel lavoro dell'evangelizzazione e della cura d'anime. Tale lavoro non ha valore di apostolato se non sgorga da una fonte più profonda: la fonte della carità.
E' Dio solo che salva; e Dio vuol salvare tutti. Tale volontà salvifica è l'amore di Dio e si identifica col mistero stesso di Dio, che è Carità. Gli uomini li chiama Dio all'apostolato per rivelarsi per mezzo di loro; per farne i « portatori della Parola » con cui Egli si manifesta come « PAmore ». La suprema Parola di questa manifestazione di Dio è Cristo, — « l'Amore incarnato ». L'apostolo è dunque colui che porta Cristo. Lo afferma San Paolo: « Quando piacque a Colui che mi prese a parte fin dal seno di mia madre e mi elesse al fine di rivelare in me il Figlio suo, affinchè io Lo manifestassi ai popoli » (Gal. 1,15).
L'apostolo dev'essere pieno di Cristo; pieno di quella Carità che lo Spirito Santo accende nel cuore. Chi ne è maggiormente pieno, è anche maggiormente apostolo. Ora intravediamo il « Cuore apostolico » di Maria. Ella è ripiena di Cristo; ripiena dell'amore per Lui. Ma non per goderLo per sè in quella contemplazione che sarà la vita del Cielo, ma per donarLo agli altri a loro salvezza. Il suo « apostolato » si identifica con la sua « maternità». La Grazia della Pentecoste, che fu grazia di apostolato, fu dunque un divampare della sua maternità per noi.
O Madre, quanto ci « conquista » a Te il sentirci da quel giorno amati da Te con quella potenza di carità che raccoglie e intensifica in se tutte le fiamme diffuse nella Chiesa! Tu, infatti, « con la tua materna carità, ti prendi cura dei fratelli del Figlio tuo ancora peregrinanti e posti tra pericoli ed affanni » (LG 62).
Non sei uscita a predicare, il giorno di Pentecoste; ma si iniziava una nuova fase del tuo apostolato materno che accompagna la Chiesa in tutta la sua storia. La devozione alla Madonna, quando è autentica, porta una forte spinta all'apostolato. Si sente il dovere di far del bene, nella propria famiglia, nell'ambiente dove si vive; si sente di dover partecipare alle opere apostoliche della Chiesa. Pregare la Madonna non è solo chiedere aiuto per noi; è implorare la sua bontà per chi soffre, per chi ha bisogno della fede, della speranza. Apriamo la nostra devozione a queste dimensioni apostoliche, se vogliamo che sia vera; quale la vuole Iddio. Chiunque, poi, lavora nell'apostolato sente di doversi « radicare » in Maria. Avverte di collaborare con la sua materna carità. Da Lei attende aiuto ed efficacia per le proprie iniziative apostoliche. Si sente premuroso di restare collegato con Lei. Così hanno fatto i grandi apostoli della Chiesa. Che posto hanno fatto a Maria Don Bosco, Don Orione, Don Calabria, Don Alberione!... Tenendoci in questo contatto di fede con Maria, siamo costantemente richiamati al genuino senso dell'apostolato; non un umano affermarsi, ma «portare Cristo». Così la storia della Chiesa perenna la Pentecoste: e la Chiesa vive sempre, « come un cuor solo, in preghiera, con Maria, la Madre di Gesù ».