In questi giorni il signor Danilo Acchini, eminente studioso di storia locale, ci ha fatto dono della sua ultima fatica. Si tratta de Gli oppositori del Brisin. Liti ed espropri per la piazza di Re. Il libro nasce dai racconti fatti all'autore da Bernardo Cappelli di Re. Egli «ripeté tali vicende che ho deciso di trascrivere affinché non finiscano nell'oblio e vengano dimenticati i protagonisti di quegli anni», afferma l'autore. Il libro si occupa delle controversie che videro protagonisti alcuni abitanti di Re e mons. Giovanni Antonio Peretti (1849-1929). Quest'ultimo fu parroco di Re dal 1897 fino alla morte. Durante il suo mandato il Peretti fu l'ideatore ed il realizzatore di realtà che ancora oggi caratterizzano il paese. Alcune hanno un taglio pastorale come la Festa dei Bambini, che si celebra la seconda domenica di ottobre, ed il Bollettino, che informa i lettori della vita del Santuario. Altre sono strutture: la casa Barbieri, edificata per l'accoglienza dei pellegrini, e soprattutto la Basilica. Fu lui, intuita l'inadeguatezza del Santuario del XVII secolo, ad avvertire l'urgenza di costruire un edicio annesso alla vecchia costruzione, per accogliere il crescente numero dei pellegrini. L'autore del libro parla delle dispute avute con quanti non accettarono alcune sue azioni. In particolare l'attenzione si concentra sull'acquisizione dei terreni per l'ampliamento della piazza e per la costruzione del Santuario. L'autore tratteggia la figura di un certo Giuseppe Ramoni che si oppose tenacemente alla vendita e poi all'esproprio della sua casa. Un passaggio attira la nostra attenzione: «L'Isep vedendosi alcune sue proprietà (la casa e una stalla in comproprietà con la sorella) minacciate dai progetti del Brisin si oppose ciecamente. Poco importava se avesse ricevuto una somma di denaro in cambio dei suoi beni, era sempre contro la sua volontà e oltretutto diceva che la cifra stabilita per l'acquisto degli stessi era irrisoria e, pur disponendo di soldi, non era facile in quei tempi trovare da acquistare uno stabile perché difficilmente qualcuno era allora disposto a vendere. Anche ricostruire non era semplice e richiedeva anni di lavoro e fatiche che lui non si sentiva di affrontare. Non poteva sembrare cosa giusta all'Isapin l'avere fatto una vita di lavoro lui e i suoi genitori e vedersi obbligato a privarsi di parte dei dei suoi averi» ( D. Acchini, Gli oppositori del Brisin pp 51-53).
Riteniamo giusto completare queste affermazioni con un approfondimento, che forse getta una luce diversa sui fatti narrati e tenta di offrire una certa oggettività. Negli stessi archivi dove Acchini ha svolto le sue indagini, si trova una Memoria vergata dalla mano dello stesso Peretti. Essa non venne mai pubblicata, in quanto è una raccolta di suoi pensiere intimi e tale doveva restare. E' legittimo, dunque, ritenerla veritiera, in quanto non animata da alcun intento propagandistico. Il Peretti vi afferma che le somme proposte ai proprietari dei terreni e delle case non erano arbitrarie, ma erano state stabilite dall'ingegner Croppi di Masera a seguito di una perizia. E' lecito, pertanto, ritenerle congrue ai beni da acquistare. La reazione della gente non fu delle migliori: «si sollevarono allora difficoltà e opposizioni che si dovette attendere che il tempo maturasse ogni cosa visto che i possessori avevano delle pretese così esorbitanti da rendere impossibile l'acquisto; qualcuno si rifiutava assolutamente alla vendita». Il parroco, tuttavia, era convinto della validità del suo intendimento, lo riteneva foriero di benefici per il paese di Re. La giustezza di questo pensiero è dimostrata dal parere favorevole che il Consiglio dei Lavori Pubblici del Regno d'Italia formulò a riguardo della richiesta di pubblica utilità in riferimento al progetto del Peretti. Così si arrivò al Regio Decreto del 26 maggio 1911. Alcuni propietari accettarono di vendere. Altri, rifiutando ogni compromesso, resero necessario il ricorso all'espropiazione forzata, resa possibile grazie al suddetto decreto. Un altro passaggio della Memoria è istruttivo e fa luce sulle questioni sollevate da Acchini: «se tutti i proprietari fossero venuti ad amichevole componimento sino dal 1897, avrebbero ottenuto maggior prezzo di quanto ebbero dalla espropriazione forzata ed avrebbero continuato ad usufruire della loro proprietà per più di 15 anni».
Acchini nel suo studio definisce «doveroso» ricordare le «comprensibili ragioni di non condividere totalmente le scelte di don Peretti», ( D. Acchini, Gli oppositori del Brisin pp 53-54). Noi riteniamo altrettanto doveroso contestualizzare l'operato del Peretti mostrandone la retta intenzione. Egli, a nostro parere, intendeva realizzare un'opera necessaria per lo sviluppo del Santuario e di Re nel futuro ed in questo non desistette affatto. D'altra parte cercava di mitigare il più possibile gli inevitabili impatti negativi su alcuni abitanti, tentando una non facile mediazione tra le necessità dell'erigenda Basilica e le istanze legittime delle persone danneggiate. Il riconoscimento di questo è il minimo tributo che a lui deve essere dato.
Peretti ricevette diversi consensi al suo operato. Tra tutti ricordiamo quello dell'onorevole Belloni, che, giunto a Re nel 1926, ammirò i lavori iniziati ed assicurò il suo sostegno presso il governo ( cfr Il Santuario di Re. Periodicomensile, n. 203, 1° febbraio 1926, p. 575)
L'approvazione dell'azione del Peretti era talmente diffusa e condivisa che non solo arrivarono titoli da parte del Papa (monsignore), ma anche dall'autorità civile. Il 2 luglio 1922 venne nominato Cavaliere dell'ordine della Corona d'Italia, con decreto di Vittorio Emanuele III, Re d'Italia.
I nipoti di Mons. Peretti non solo mantengono viva la sua memoria, ma anche quest'anno hanno potuto aggiungere all'opera iniziata dal Peretti alcuni appezzamenti. Si può, così, coniare una nuova etimologia del paese. Re: Hic regnum Mariae!
Si esprime l'apprezzamento per le interessanti fotografie presenti nel libro.